martedì 4 novembre 2014

IL PENSIERO DI EINSTEIN SULLA CRISI: "IL MONDO COME IO LO VEDO"

"Solo due cose sono infinite, l'universo e la stupidità umana, e non sono sicuro della prima"

di Corinna Albolino - Vale la pena salutare il nuovo anno citando il pensiero sulla crisi di Albert Einstein, tratto da Il mondo come io lo vedo del 1931. Un testo che raccoglie scritti non strettamente scientifici, ma riflessioni sui grandi temi della vita. Qui lo scienziato supera il suo campo di azione per spaziare negli altri ambiti della conoscenza, collocandosi in quella posizione “meta” abitata dai filosofi. Forse anche per questa ragione il suo pensiero è in grado di parlare all’uomo contemporaneo. Qui la crisi viene definita una “benedizione” e questo a noi, che ne stiamo vivendo il momento drammatico, suona da subito come provocazione, quasi un’espressione irriverente nei confronti di chi patisce. Ma questo non può essere.

Basta pensare infatti al periodo in cui il testo è stato scritto ed alla biografia dell’autore. Siamo nel 1931, l’anno in cui massimo è stato il riverbero in Europa, e soprattutto in Germania, della grande crisi economica del 1929 scoppiata in America. Lo Stato caduto in default, la disoccupazione dilagante, il Nazismo alle porte e poi la guerra. L’ebreo Einstein sarà costretto a rifugiarsi negli Stati Uniti due anni dopo. “Benedizione” non può dunque assumere una connotazione cinica. Bisogna piuttosto considerare sia prerogativa del pensiero geniale l’andare oltre il contingente, superare il proprio “particulare”. Solo così è possibile cogliere il significato autentico delle parole dello scienziato ed intendere la crisi come sfida, apertura di opportunità e leva di progresso. “Crino” in greco antico vuol dire dividere, separare, scegliere e quindi decidere. Alle spalle di questa concezione agisce la filosofia della storia di hegeliana memoria, in cui le soluzioni che fanno procedere la civiltà costituiscono sempre l’esito di un conflitto necessario e quindi di una “crisi” dello status quo.

Per Einstein il vero pericolo è attribuire alla crisi la responsabilità dei propri fallimenti e quindi rimanere prigionieri della propria inattività. A scapito del talento, della creatività, della ricerca di vie d’uscita. L’unica crisi pericolosa diventa allora “la tragedia di non voler lottare per superarla”. E’ l’ignavia che già Dante condanna all’Inferno.

La crisi secondo Einstein

“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. E’ nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere ‘superato’.

Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi, è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito. E’ nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla”.

(da Il mondo come io lo vedo di Albert Eistein)


Fonte: Verona In

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